Lorenzo Maiolica, l’imprenditore cancellato dallo Stato

Lorenzo Maiolica era il classico self-made man. Niente yacht o fumo negli occhi, ma 300 dipendenti, una catena di distribuzione alimentare nel cuore del Mezzogiorno e un progetto ambizioso: un polo agroalimentare su 110.000 metri quadri, acquistati nel 2003 per dare lavoro ad altri 400. Poi la giustizia italiana ha bussato alla porta. Con i piedi.

Una mattina qualunque, i terreni appena acquistati vengono sequestrati dalla procura di Salerno. L’accusa? Lottizzazione abusiva. Due parole che fendono la vita di Lorenzo come due sciabole. Non importa se le sentenze della Cassazione, ben due, ordinano il dissequestro: la procura insiste, come un algoritmo impazzito. Un loop kafkiano. E nel frattempo, l’azienda affonda. Fallisce.

400 famiglie restano senza reddito. Lorenzo perde tutto, tranne una cosa: la lucidità per ricordare, per raccontare.

Nel 2013, una sentenza definitiva mette nero su bianco ciò che Lorenzo ha sempre saputo: non ha commesso alcun reato. Il fatto non sussiste, ma nel frattempo non c’è più un’azienda, non c’è più un progetto, non c’è più una dignità. C’è solo la rabbia.

Questo non è un errore giudiziario. È un collasso sistemico. È uno Stato che persegue l’innocente e affossa l’impresa. Un caso da manuale di ciò che non funziona nella giustizia italiana: tempi infiniti, arroganza di potere, irresponsabilità istituzionale. Lorenzo oggi sopravvive con il reddito di cittadinanza e aspetta un risarcimento che, probabilmente, non pagherà nessuno.

C’è qualcosa di profondamente disturbante nel modo in cui dimentichiamo le vittime senza sangue. Non ci sono foto shock, non ci sono sirene né colpevoli da odiare. Solo una storia sporca. Che puzza di burocrazia, silenzio e carte bollate.

Lorenzo Maiolica ha perso tutto. Ma la sua storia non deve essere dimenticata. Deve far rumore. Deve diventare un precedente, un simbolo, un monito. Perché quando la giustizia si trasforma in abuso, nessuno può dirsi al sicuro.

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