La storia di Ivan Petrelli

La sera del 10 settembre 2018, due uomini vengono sequestrati e picchiati da un gruppo che pretende da loro un risarcimento di ottomila euro, convinti che fossero gli autori di un furto subito dal padre di uno dei membri della banda.

Poco più di un mese dopo, il 16 ottobre 2018, scatta l’operazione dei carabinieri, battezzata emblematicamente “I soliti sospetti”, in omaggio al famoso film. Tra gli arrestati c’è anche Ivan Petrelli, 41enne di Carmiano. Le accuse contro di lui sono pesantissime: sequestro di persona a scopo di estorsione e lesioni.

Ivan si ritrova improvvisamente in carcere. Decide inizialmente di restare in silenzio, esercitando un suo diritto fondamentale. Forse per scelta strategica, forse per semplice timore. Ma questa decisione gli costa cara: per la procura, il suo silenzio rafforza l’ipotesi accusatoria.

Nel frattempo, i suoi avvocati difensori, Paolo Spalluto e Arturo Balzani, lavorano instancabilmente per dimostrare la sua innocenza. Nonostante gli altri imputati e una delle vittime abbiano dichiarato apertamente, durante il processo, che Ivan non aveva partecipato alla spedizione punitiva, le istanze della difesa vengono sistematicamente respinte.

Ivan trascorre in tutto 233 lunghissimi giorni in carcere e altri 216 agli arresti domiciliari. Sarà solo l’8 gennaio 2020 che il Tribunale del Riesame di Lecce finalmente darà ragione ai suoi avvocati: mancano gli elementi per tenerlo ancora detenuto, e Ivan torna finalmente libero.

Tuttavia, il percorso giudiziario di Ivan Petrelli non finisce qui. In primo grado viene infatti condannato a una pena pesante: 11 anni di reclusione. Sembra che il suo destino sia segnato.

Ma la svolta definitiva arriva il 7 dicembre 2020, quando la Corte d’Assise d’Appello di Lecce ribalta completamente il verdetto: Ivan viene assolto con formula piena, per “non aver commesso il fatto”. In sostanza, emerge uno dei più gravi errori giudiziari: un incredibile scambio di persona, dovuto alla straordinaria somiglianza con suo fratello, il quale, peraltro, aveva nel frattempo ammesso la propria responsabilità in una lettera inviata agli inquirenti.

A quel punto inizia la battaglia per ottenere giustizia anche sul piano economico. I legali chiedono un risarcimento per l’ingiusta detenzione subita. La procura si oppone ancora, sostenendo che il silenzio di Ivan all’inizio della vicenda rappresentasse una responsabilità indiretta.

Ma nel 2024, finalmente, la Corte d’Appello di Lecce mette la parola fine a questa vicenda dolorosa, riconoscendo pienamente il diritto di Ivan Petrelli al risarcimento: il Ministero dell’Economia e delle Finanze dovrà pagargli 80mila e 400 euro come compensazione per gli errori e le sofferenze subite ingiustamente.
Questa vicenda rappresenta non solo una drammatica storia personale, ma anche un’importante affermazione del principio fondamentale della giustizia italiana ed europea: non è l’imputato a dover dimostrare la propria innocenza, ma il pubblico ministero a dover provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sua colpevolezza. Un diritto che, nel caso di Ivan Petrelli, ha finalmente trovato riconoscimento dopo un lungo calvario giudiziario.

Fonte immagine: https://www.trnews.it

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