Beniamino Zuncheddu, pastore sardo, ha trascorso 33 anni in carcere da innocente, accusato di una strage nella valle del Sinnai, in Sardegna. Il suo caso è uno dei più gravi errori giudiziari italiani.
Nel 2023, infatti, nuove intercettazioni e approfondimenti processuali hanno portato alla riapertura del processo, culminato nella sentenza di assoluzione nel gennaio 2024. Tuttavia, le motivazioni della sentenza, pur riconoscendone l’innocenza, sono state formulate in modo ambiguo, lasciando l’amaro in bocca sia a lui che a chi lo ha sostenuto per anni.
Zuncheddu ha vissuto il carcere con dignità e ostinazione, rifiutando benefici o scorciatoie che presupponessero l’ammissione di colpa. Non ha mai smesso di professarsi innocente. Oggi si trova libero, ma privo di ogni sostegno economico, e chiede almeno “mille euro al mese per sopravvivere” in attesa di un eventuale risarcimento.
Dal punto di vista umano, l’esperienza del carcere lo ha profondamente segnato: soffre di problemi di salute e vive una difficile riconciliazione con la libertà. Descrive la detenzione come un “ozio forzato” che, ancora oggi, fatica a scrollarsi di dosso. Paragona sé stesso a un “uccellino abituato alla gabbia”.
Zuncheddu si dice deluso e arrabbiato con la giustizia italiana: “Non hanno fatto il loro lavoro”, afferma con forza. E aggiunge: “Dovrebbero andare nelle carceri a vedere che cosa significa davvero perdere la libertà”.
Nonostante tutto, guarda avanti con determinazione: vuole giustizia piena, non solo per sé, ma anche per impedire che altri subiscano lo stesso destino.
—
La proposta di legge Zuncheddu, promossa dal Partito Radicale, prevede una rendita mensile immediata per le vittime di ingiusta detenzione, finanziata dalla Cassa delle Ammende. Una misura concreta di dignità e giustizia riparativa, pensata proprio a partire da casi emblematici come quello di Beniamino.
Firma per “La Legge Giusta”: perché nessuno debba più scontare 33 anni di inferno per un reato che non ha commesso.